“Il giardino delle meraviglie…”
Se quasi ogni grande città della vecchia Europa vanta il suo “parco storico” il giardino di Boboli è considerato il prototipo del giardino all’italiana, criterio che ha influenzato l’arredo di tutti i giardini in Italia e all’estero, inimitabile interpretazione del gusto rinascimentale e di tutti gli stili, che sono sopraggiunti nelle varie età, contribuendo al suo aspetto monumentale.
Il giardino, annesso a Palazzo Pitti, lo cinge alle spalle estendendosi maestoso e spettacolare in ogni sua prospettiva quasi a coronamento e completamento di tutti gli interventi migliorativi a cui era stata sottoposta la dimora nobiliare, acquistata nel 1549, da Eleonora di Toledo, moglie del granduca Cosimo I de’ Medici, dal precedente proprietario: la famiglia Pitti.
Il giardino è connesso al famoso “Corridoio Vasariano” che collega Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti. Attualmente occupa un’area di circa 45.0000 mq2 sulla collina omonima, connesso al Forte del Belvedere eretto per la sicurezza della famiglia Medici. Cosimo I si adoperò molto perchè il giardino riflettesse nello sfarzo e nel fascino la bellezza della moglie Eleonora: furono ingaggiati ben 5 architetti che si susseguirono in ordine temporale,dal progetto iniziale su disegno del Tribolo, morto un anno dopo l’ inizio dei lavori,fino agli altri interventi, che si giovarono della sua elaborazione, inclusiva di significati filosofici di stampo umanistico, e cioè del l’Ammannati, del Buontalenti, di Giulio e Alfonso Parigi.
Il risultato dell’ingegnosa impostazione architettonica e naturalistica, fuse insieme, è di una superba armonica eleganza. Del resto il Tribolo passerà. alla storia come “architetto di giardini” per aver partecipato alla realizzazione di altri importanti allestimenti nel verde di altre ville fiorentine.
Non ci si può fermare ai cenni storici o all’enunciazione delle opere d’arte che sono contenute nel parco. E’ consigliabile recarsi in questo luogo veramente suggestivo per coglierlo nella sua incantevole complessità . Tuttavia non verremo meno al nostro compito di accoglienza anche orientativa cercando almeno di offrirvi un’efficace sintesi che agisca da stimolo nel farvi imboccare, non solo virtualmente, la strada che porta a Boboli, divenuto oltretutto nel 2013 Patrimonio Unesco.
Incominciamo col dire che il giardino ha quattro ingressi: dal cortile dell’Ammannati, con la fontana detta del “Carciofo”, accorpato alla facciata retrostante di Palazzo Pitti , dal forte Belvedere, da via Romana, e dal piazzale di Porta Romana.
Suggeriamo, oltre all’acquisto del biglietto, di contattare una guida turistica che vi conduca per il circuito museale del giardino che ospita anche il Museo degli argenti, la Galleria del costume, il Museo delle Porcellane e il giardino Baldini.
Iniziando il percorso dall’asse principale che parte dal centro della facciata posteriore del palazzo è visibile “l’Anfiteatro” disegnato dal Tribolo , in seguito arricchito delle gradinate ed ancora in un secondo tempo dalle edicole con le statue marmore e le urne in terra cotta, per scelta di Giulio e Alfonso Parigi. Il centro dell’anfiteatro venne abbellito nel 1790 dall’Obelisco egiziano, unico in Toscana , risalente al 1500 a .c.
Nel 1840 fu inserita la grande vasca di granito grigio, scolpita in un unico blocco, proveniente forse dalle Terme Alessandrine di Roma. Proseguendo oltre l’Anfiteatro, attraverso una doppia rampa ornata da tre statue di epoca romana, si è davanti al bacino di Nettuno, creato tra il 1777-78, dove vengono raccolte le acque che irrigano tutto il giardino al cui centro su di uno scoglio è posta la “Fontana del Nettuno” con il Dio del mare circondato da naiadi e tritoni. Tutt’attorno si sviluppano terrazzamenti erbosi che ricalcano la forma sottostante dell’anfiteatro.
Alla sommità di questo tratto incontriamo la “statua dell’Abbondanza” opera commemorativa, commissionata al Giambologna nel 1608 e completata da Pietro Tacca, che ripropone le sembianze di Giovanna d’Austria moglie di Francesco I de’ Medici, morta per un incidente a Palazzo ancora giovanissima nel 1578: da questa zona alta sono visibili le mura difensive, che costeggiano il giardino, del Forte del Belvedere.
Imboccando un sentiero sulla sinistra si raggiunge un padiglione in stile Rococò ,oggi accogliente un bar , sovrastato da un’originale cupola finestrata, opera di Zanobi del Rosso del 1776, davanti al quale si trova un prato digradante con al centro la “Fontana di Ganimede”.
Ma ritornando all’asse centrale in continuità col percorso da cui siamo partiti, troviamo in posizione apicale, una delle opere più interessanti del nostro tour: il “Giardino del Cavaliere”, a cui si accede salendo per una rampa a tenaglia, circoscritto da mura che dovevano schermarlo per renderlo segreto, così chiamato probabilmente in gergo militare, perché venne realizzato a “cavallo” del bastione facente parte delle fortificazioni create da Michelangelo nel 1529. Decorato con siepi di bosso, recise in forme geometriche, il giardino racchiude specie rare di rose e dalie e centralmente accoglie la “fontana delle Scimmie”, così detta per le tre scimmiette in bronzo che la ornano, mentre al centro della vasca è posizionato un putto marmoreo da cui zampilla l’acqua.
Richiamo non secondario è il “Casino del Cavaliere” palazzina fatta costruire da Cosimo III de’ Medici nel 700′, sede attuale del Museo delle Porcellane, preziosa raccolta che include molti pezzi rari in dote ai Medici , ai Lorena, al casato dei Savoia. Spostandosi ancor più a sinistra si trova ” il giardino di Madama” concepito ,intorno al 1570, in onore di Giovanna d’Austria, con aiuole geometriche bordate da siepi, dove si perviene alla Grotticina della Madama o delle Capre. C’è da soffermarsi davanti a questo piccolo edificio classicheggiante creato dal Buontalenti perchè costituisce l’esperimento con cui l’estroso architetto, incline ad effetti scenografici , elaborerà uno degli allestimenti più considerevoli installati nel giardino di Boboli: la Grande Grotta.
Intanto la facciata della “Grotticina” è sormontata da un timpano e incorniciata da due paraste dentro le quali la superficie lievita in rocce spugnose che anticipano l’interno rupestre tutto coperto da elementi che lo assimilano ad una grotta frastagliata da stallatiti , mentre nel soffitto tra cornici in pietra spugnosa si sviluppano “le grottesche” sorta di graffiti in voga nel 500′, opera del Baciacca e del Poccetti.
La capra , come anche il capricorno, è un elemento piuttosto diffuso nel Pantheon dei simboli che costellano monumenti ed edifici medicei,per il fatto che Cosimo I ne coglieva l’aspetto mitologico virile e regale: la capra Altea aveva allattato Giove re dell’olimpo. Ecco perchè la grotticina accoglie una vasca marmorea sormontata da quattro capre che un tempo buttavano acqua.
Dopo aver citato il Buontalenti non si può non concludere la nostra pagina, sorvolando magari altre notizie sulle tante opere e sui contenuti paesaggistici del giardino, che potrete apprezzare solo con un sopralluogo, trasportandovi sulle ali della fantasia di questo maestro dallo stile straordinario. Non era estranea al gusto del Rinascimento la ricostruzione di grotte naturali, incastonate nei giardini delle grandi ville, in cui comparivano particolari architettonici, sculture, giochi d’acqua.
Ma il Buontalenti porterà la sua Grande Grotta, affiancata al corridoio vasariano e realizzata tra il 1583 e il 1593, ai livelli del capolavoro manieristico nella sua audace commistione architettonica, scultorea, pittorica. Il prospetto esterno è caratterizzato da un ampio ingresso tra due colonne sormontate da un’architrave e da un timpano da cui pendono stagmatiti, create con superfetazioni di materiale all’apparenza spugnoso, mentre in basso, ai due lati dell’entrata , sono poste due nicchie che contengono le statue di Cerere e di Apollo.
Nella parte alta, nel lunettone aperto, due figure femminili a bassorilievo scivolano sdraiate ai due lati dello stemma centrale dei Medici ed ai bordi della facciata due cornici simmetriche, realizzate a mosaico con ciottoli colorati, completano le decorazioni con stucchi che descrivono festoni e capricorni marini.
All’interno il manufatto è diviso in tre stanze comunicanti: la prima e più grande presenta un amalgama di decorazioni che suscitano meraviglia. L’effetto doveva calcare la concezione alchimistica di cui era appassionato cultore Francesco I de’ Medici, committente dell’opera, cosicchè dal fondo magmatico simbolo del caos, reso dalla materia grezza, informe, delle pareti rocciose, prendono vita l’ordine e l’armonia delle figure zoomorfiche e antropomorfiche che si smarcano dal fondo: agli angoli copie dei “Prigioni” di Michelangelo.
Nella parete superiore fino al soffitto ,da cui entra la luce attraverso un oculo aperto, gli affreschi del Poccetti descrivono uno splendido, illusionistico pergolato.
Nella seconda stanza ,che ripete i moduli rupestri della prima , si trovano due finte nicchie con timpano in cui sono dipinte Giunone e Minerva, mentre al centro è collocato il gruppo marmoreo raffigurante Paride che rapisce Elena, opera del 1560 di Vincenzo de’ Rossi.
Nell’ultima stanza pure forgiata a mo’ di grotta, con un cielo attraversato dal volo di uccelli, predomina, nelle sue incantevoli fattezze, la statua del Giambologna riproducente “Venere che esce dal bagno” attorniata da quattro satiri che le gettano acqua.